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venerdì, Febbraio 14, 2025
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L’OPINIONE. La mia visione della vita

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Ci sono momenti, nel corso della nostra vita, in cui tutto ci appare sfocato dinanzi agli occhi. Sono momenti in cui tutte le nostre certezze, le nostre sicurezze, spariscono di colpo, lasciando spazio alla “confusione”.

Sono attimi in cui cominci a renderti conto che non tutto, nella vita, puó essere positivo e che, come la Terra ha i suoi due poli estremi, come una medaglia ha i suoi due lati opposti, come ogni estate ha il suo inverno, cosí anche ogni situazione, ogni momento, ha un suo lato positivo ed un suo lato negativo.

COME VIVERE LE SITUAZIONI

Si dice, difatti, che di ogni situazione, anche la peggiore che si stia vivendo, bisogna catturarne tanto i lati negativi quanto quelli positivi, ed accettare la determinata situazione, autoconvincendosi che, se il fato ha deciso di fare il suo gioco in quel momento, forse un motivo c’é…magari, quelle che a noi potrebbero, al principio, apparire come “catastrofi”.

In realtá non sono altro che “segnali” che il fato ci manda, ogni giorno, in ogni momento, attraverso una spiacevole notizia, o magari una sofferta decisione, attraverso un piccolo gesto, o magari un litigio, o una separazione, attraverso un addio, una partenza, un fallimento, una perdita, un tradimento, una delusione.

Magari sono proprio questi “segnali” che dovrebbero illuminarci, in un certo qual modo, spingendoci ad “osservare” quella situazione sotto altri occhi, magari con positivitá, facendoci rendere cosí conto che tutto quello che accade, mai accade per caso, e che un motivo esiste, un motivo a noi ignoto, un motivo che forse mai ci verrá svelato, un pó come il grande “mistero della vita”.

ACCADE TUTTO PER CASO?

Tutto accade per un motivo, o almeno quasi tutto. Sapete, io non mi ci rispecchio perfettamente in tutti i concetti sopra elencati, diciamo che credo siano, piú che altro, la sintesi della considerazione che, la maggior parte degli esseri umani, vogliono imporsi ad avere sul fato e sulla vita stessa , e questo semplicemente per autoconvincersi che “il meglio deve ancora venire”…

Io non appartengo a questa categoria, diciamo che sono fin troppo realista per essere convinta che “esista un libro della nostra vita, giá scritto anticamente dagli antenati dei nostri antenati”. Son fin troppo realista per credere che “tutta la nostra vita è stata consegnata nelle mani del destino”.

Io reputo che, se Dio ha voluto creare l’uomo e ha voluto far di esso un esempio di forza, indipendenza, determinazione, di certo non è perché Egli volesse che quest’ultimo arrivasse, poi, a convertirsi nell’abulico, insoddisfatto ed irresoluto uomo “inetto” di Svevo.

L’UOMO E’ CAPACE DI VIVERE

Bisogna affermare, purtroppo, che la societá odierna si rispecchia perfettamente nell’ “inettitudine” descritta da Italo Svevo, confermando cosí l’ipotesi che Dio, concedendo tanta fiducia all’uomo, possa aver contribuito solo al fallimento della propria “missione”.

L’uomo, difatti, è un incapace, un insoddisfatto, una vittima. Esso è vittima di se stesso, della sua psicologia tortuosa, della sua mutevolezza, dei suoi ripensamenti, delle sue debolezze.

Completamente “inadatto alla vita”, l’uomo si scarica totalmente di ogni tipo di responsabilitá, confidando troppo nell’idea che debba essere il fato ad incaricarsene, e cosí facendo permette sempre piú, alla propria interioritá, di schiacciarlo, impedendosi in questo modo, di VIVERE veramente.

L’uomo è incapace di rendersi conto che il fato è pigro, ci aiuta ma ha anche bisogno di essere aiutato.

Tutto si concentra in un metodico gioco di “coppia”, in cui ognuno fa la sua parte. Il fato ci fornisce le armi adeguate, ma dopo dobbiamo essere noi abbastanza audaci e bravi nel saperle adoperare nella maniera corretta. Purtroppo, nel mondo di oggi, esporre certe teorie comporterebbe solo a credere che io possa essere “pazza” o magari anche “stupida”.

POSSIAMO ESSERE REALISTI?

C’è gente che, invece, alla luce di certi miei ragionamenti, mi giudica come una persona “pessimista”, o per meglio dire “angosciante”, e forse semplicemente perché ho il mito di grandi autori come lo stesso Svevo e Pirandello, ma non è affatto cosí. Io sono semplicemente realista, tutto qui.

Essere realisti non vuol dire vedere ogni cosa dipinta di nero, ma significa rendersi conto che puó esistere il nero, cosí come possono esistere anche le sfumature piú chiare.

In un certo qual modo, essere realisti vuol dire cercare di prevenire eventuali delusioni, evitando di dare fin troppo fiducia a questa vita. Essere realisti vuol dire essere coscienti e consapevoli che non siamo angeli di Dio, non siamo intoccabili né immacolati, non siamo indistruttibili né tantomeno immortali, sol perché “siamo tutti figli di Dio”.

Questa enorme grande “sfida” che rappresenta la vita, non fa altro che metterci continuamente alla prova, e noi dobbiamo essere sempre pronti, perché il piú debole, colui che sará colto “impreparato”, sará il primo a precipitare.

Ed io, ultimamente, sono stata colta molto spesso “impreparata”, “disarmata”, e sempre piú spesso ho rischiato di precipitare negli abissi, col rischio di non riuscire mai piú a risalire a galla.

IO SONO MIGLIORE

Mi chiamo Deborah, ho 20 anni, e non ho ancora un obiettivo fisso nella vita. Forse il 97% dei ragazzi della mia etá avranno giá un’ambizione, io semplicemente ambisco ad essere sempre migliore.

Non ho enormi pretese dalla vita, non sogno la fama o il successo, né sogno di poter vedere, un giorno, la scritta “Hollywood” dal finestrino di una limo, semplicemente mi basterebbe una sala da ballo ed un gruppo di ragazzi coi quali condividere la mia grande passione per la musica ed il ballo.

Non sogno piú il principe azzurro delle fiabe da molti anni ormai, anche perché non confido nella sua esistenza, ed oltretutto non reputo che l’amore sia “un sentimento senza il quale non si puó vivere”, cosa di cui molte persone sono purtroppo convinte.

MI CHIEDO… MA LA FELICITÀ?

Io credo che gli elementi per essere felici non esistano, almeno non in questo universo, non su questo pianeta. Di parte sua, si aggiunge anche sicuramente l’inaccontentabilitá dell’essere umano, e la sua scarsa capacitá di apprezzare ció che possiede, peró è anche dimostrabile che, la felicitá completa, è sinonimo di “vita perfetta”.

Secondo alcune statistiche, quella bassa percentuale di persone che si puó considerare “felice”, è una percentuale che comprende quelle persone capaci di saper veramente apprezzare ció che possiedono, e di far di ció, la propria “felicitá”.

ATTIMI DELLA NOSTRA VITA

Sono persone di poche pretese, persone che sanno apprezzare la vita, e purtroppo è davvero bassa la percentuale che racchiude questo gruppo di persone, che si vedono invece fortemente contrastate dall’altra parte di percentuale, sempre piú alta, di persone inaccontentabili, infelici, ed incapaci di apprezzare “le piccole cose della vita”.

Io, purtroppo, faccio parte di quest’ultimo gruppo di persone. Ritengo che la felicitá non rappresenti altro che “attimi” della nostra vita, che arrivano e vanno via subito, per lasciar spazio di nuovo a ció che, molti di noi, chiamano comunemente “monotonia”.

La questione è molto semplice: noi siamo piccoli equilibristi, continuamente in bilico, su quel filo tentennante chiamato “Vita”, e rimaniamo lí sospesi, cercando di mantenere l’equilibrio del nostro corpo, della nostra anima, evitando cosí di precipitare.

E non vi è via d’uscita a questo “sistema”, non vi è salvezza, se non “la fuga nell’irrazionale, la follia, o la morte stessa”, oserebbe proporre il grande Pirandello.

Sembrerá magari assurdo, ma purtroppo è proprio questo che la vita si aspetta dall’uomo…l’incapacitá di reagire a fronte delle difficoltá, l’incapacitá di trovarvi una soluzione, il desiderio, quindi, di ricorrere all’ “estremo”, ricorrere alla “salvezza”, come se non vi esistesse alternativa migliore.

Ció significherebbe dare completamente “carta bianca” a questa vita, che solo aspetta l’attimo in cui l’essere umano possa essere piú debole, piú fragile, per condurlo allo “smarrimento”, sino a farlo precipitare nel burrone.

IL SENSO DELLA VITA

E allora perché continuare a porsi tante domande sul “senso della vita”, quando siamo ben consapevoli che la “Vita” stessa non dispone di alcuna logica, di alcun senso.

Perché tormentarsi l’anima, affinchè possiamo trovare un benchè minimo senso a questa “Vita, perché soffermarsi sulla sua “logica”, ed essere cosí miopi da non rendersi conto che non vi è alcuna necessità di dover attribuire alcun tipo di “senso” a questa “Vita”, se solo, semplicemente, ci potrebbe bastare “VIVERE”.

“VIVERE” senza doversi chiedere perché si VIVE, “VIVERE” senza ostinarsi a rincorrere una logica inesistente, “VIVERE” senza dover dare un significato a tutto ció che si dice o si fa.

La domanda che tutti, spesso, si pongono è “Qual è lo scopo della Vita?”. Beh, per quanto mi riguarda, io ho risolto questo dilemma per me stessa giá da molto tempo, dicendomi che tutto consiste nel VIVERE, semplicemente. Questo è lo scopo della “Vita”.

Deborah

Salve, mi chiamo Deborah, e da sempre amo il “Mondo della Scrittura”…

(novembre 2014)

Foto: ag

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