Visto che la serie Netflix su La Palma e un (conseguente) post di qualche giorno fa su questo gruppo (Italiani nelle Canarie) hanno sollevato curiosità sulla verosimiglianza della catastrofe evocata.
Approfitto per riproporre una spiegazione che avevo scritto anche su alcuni di questi gruppi all’epoca dell’ultima eruzione vulcanica del 2021.
Un film di fantasia, cioè una fiction, va ovviamente giudicato come tale e non come un documentario.
A me, per esempio, è piaciuto come fotografia ma non come sceneggiatura. Può essere però utile e interessante conoscere la scienza che c’è (o non c’è) dietro.
Già con l’eruzione del 2021 nel fianco occidentale della Cumbre Vieja erano tornate in auge notizie catastrofiste.
Notizie catastrofiche su un possibile crollo nell’oceano di una intera parte dell’isola di La Palma, cosa che causerebbe un terribile mega-tsunami con effetti distruttivi fin sulle coste del continente americano.
E come al solito, purtroppo, il pubblico si divide inevitabilmente su posizioni “catastrofiste” o “negazioniste”.
Il modo scientificamente corretto di porsi dovrebbe essere invece quello di capire da dove nasce la notizia e, nel caso si tratti di uno studio scientifico, quale sia il suo reale contenuto.
Tutto nasce esattamente 23 anni fa dalla pubblicazione di uno studio di geofisica (Ward S. N., Day S., 2001) da parte di Steven Ward (Università della California – Santa Cruz) e Simon Day (University College di Londra) e poi da un successivo documentario della BBC basato sul loro lavoro.
Le Canarie sono isole vulcaniche
Sono la punta che emerge oltre il livello del mare di “colonne” create dalla fuoriuscita di materiale vulcanico dal fondo dell’oceano durante l’evoluzione della crosta terrestre.
La Cumbre Vieja è una delle zone con maggior vulcanismo attivo di tutto l’arcipelago.
Il vulcanismo delle canarie è stato sia “costruttivo” che “distruttivo”.
Basta farsi un giro dell’arcipelago in 3D con Google Earth per vedere che a molte isole “mancano dei pezzi” …
L’attività vulcanica ha infatti spesso creato edifici vulcanici con un accumulo di materiale talmente grande che per instabilità gravitazionale o per pressione litostatica si produce il collasso e il crollo della struttura.
Enormi “vuoti” come per esempio le valli di Güímar e La Orotava a Tenerife, El Golfo a El Hierro o la valle di Aridane a La Palma sono interpretabili come i resti visibili dello scivolamento nell’oceano di enormi masse di roccia.
Ipotesi avallate da indagini sonar del fondo oceanico che mostrano il materiale depositato.
Si stima che l’isola de El Hierro abbia perso in questo modo, tra 23.500 e 82.500 anni fa, circa il 40% del suo volume emerso.
Nel caso di La Palma, la morfologia attuale dell’isola ha preso forma da nord verso sud proprio attraverso un processo di costruzione di edifici vulcanici instabili e il loro successivo crollo.
Le emissioni sottomarine che hanno dato origine all’isola di La Palma iniziarono circa 4 milioni di anni fa, costruendo una struttura che tra 1.77 e 1.2 milioni di anni fa iniziò ad emettere materiale al di sopra del livello dell’oceano.
Era l’antico vulcano Taburiente che corrisponde all’attuale parte settentrionale dell’isola
Un classico vulcano a cono che si crede possa aver raggiunto i 4000 metri di altezza e che fu successivamente affiancato a sud da una nuova grande bocca vulcanica di cui resta oggi solo la parete orientale, conosciuta come Cumbre Nueva (la zona di Santa Cruz e las Breñas).
Tutta questa struttura crollò infatti nel lato sud-occidentale dando luogo a quelle che ora sono la Caldera de Taburiente e, più a sud, la Valle di Aridane, il grande piano inclinato dove oggi sorgono El Paso, Los Llanos e Tazacorte.
Nello spazio lasciato libero dal crollo sorse un nuovo piccolo vulcano di cui oggi resta solo la parete meridionale, conosciuta come Edificio Bejenado, che rimase attivo fino a circa 400.000 anni fa.
Senza più eruzioni da allora, la parte settentrionale dell’isola può considerarsi inattiva.
L’attività vulcanica si spostò quindi a sud, creando un nuovo edificio vulcanico.
Questa volta però non prese la forma di una struttura conica ma quella di una cordigliera che si sviluppa in direzione nord-sud, con una cresta costellata di crateri che continua fin sotto il livello attuale dell’oceano.
È questa parte dell’isola che i conquistatori spagnoli chiamarono Cumbre Vieja
Gli aggettivi “vecchia” e “nuova” riferiti ai due rilievi non sono (e non potrebbero essere) riferiti all’età geologica.
È infatti, la Cumbre Vieja la parte geologicamente più giovane di tutta l’isola.
Questi nomi furono dati dai conquistatori spagnoli in un epoca in cui non era ancora noto che la Terra avesse subito una evoluzione geologica.
“Vieja” si riferiva alle peggiori condizioni di abitabilità e sfruttabilità rispetto alla Cumbre “Nueva”.
Il territorio la Cumbre Vieja
Era infatti un territorio vulcanicamente attivo, la Cumbre Vieja, povero di vegetazione e di altre risorse, ad iniziare da quelle idriche.
La Cumbre Nueva
La Cumbre Nueva era invece un territorio vulcanicamente inattivo da ormai centinaia di migliaia di anni, fertile e con una natura rigogliosa.
Ebbene, l’idea di Ward e Day era che ció che è accaduto in ere geologiche passate può accadere nuovamente, e il loro lavoro può essere schematizzato in due punti:
- (1) la possibilità del crollo in mare di una parte del fianco occidentale della Cumbre Vieja;
- (2) la modellizzazione matematica dell’eventuale crollo e delle sue conseguenze.
Uno dei principali elementi che fu preso in considerazione dai due scienziati è una frattura superficiale lunga circa 2.5 km, larga 1 metro e profonda circa 2, formatasi sulla Cumbre Vieja a causa di un terremoto avvenuto durante l’eruzione del 1949 (quella a cui si fa riferimento nel film).
Secondo la loro interpretazione, si tratterebbe di un indizio (se non di una prova) del fatto che in quella occasione un enorme blocco di roccia, con un volume tra i 150 e i 500 milioni di metri cubici, si sarebbe spostato verso il basso di circa 4 metri
Ciò potrebbe essere la premessa ad un futuro catastrofico crollo di una parte del fianco occidentale dell’isola (il crollo appunto su cui è basata la fiction).
Dal momento che non si ha conoscenza di come eventi di questo tipo possano essersi svolti in passato, Ward e Day proposero un “modello” di come ciò potrebbe accadere.
Nello specifico, la caduta in mare ad una velocità di 100 m/s di un tale enorme blocco di roccia causerebbe un mega-tsunami che arriverebbe con conseguenze disastrose fino alle coste americane.
Non veniva però approfondito il problema della stima della probabilità reale di un tale catastrofico evento, e non a caso il titolo dell’articolo era “Potential collapse …”.
Questo aspetto è invece stato affrontato successivamente da altri scienziati.
In particolare due studi pubblicati rispettivamente nel 2006 e nel 2015 stimano questa probabilità come di molto inferiore a 1 ogni 100.000 anni.
Un valore estremamente basso che, insieme alla evidenze geofisiche dell’attuale stabilità della struttura dell’isola, permette di definire come estremamente improbabile un evento di questo tipo in un futuro prossimo.
Inoltre negli anni successivi alla pubblicazione dell’articolo di Ward e Day, sono state messe in discussione anche molte delle stesse premesse della loro ipotesi:
- (1) Non sono mai emersi elementi che mostrino evidenze che la frattura apertasi nel 1949 non sia puramente superficiale e che si estenda oltre i 2.5 km. Il modello di Ward e Day infatti ha come premessa necessaria l’esistenza di una frattura che penetra in profondità nell’edificio vulcanico e con una estensione di almeno 25 km.
- (2) Non vi sono i riscontri che ci si aspetterebbe nel caso di un reale abbassamento di 4 metri del fianco occidentale della Cumbre Vieja.
- (3) Il modello matematico in base al quale l’eventuale crollo darebbe origine ad un mega-tsunami capace di provocare danni a migliaia di chilometri di distanza non è coerente con le evidenze storiche. Conosciamo infatti 3 eventi storicamente documentati, con caratteristiche simili al crollo ipotizzato da Ward e Day per La Palma. E tutti questi eventi hanno avuto conseguenze catastrofiche su scala locale ma non globale.
L’eruzione dell’isola di Santorini nel Mediterraneo, avvenuta a metà del secondo millennio a.C., è una delle maggiori catastrofi vulcaniche storicamente documentate.
L’isola che conosciamo oggi é praticamente la metà dell’isola originaria.
Si stima che tale evento catastrofico provocò uno tsunami con onde alte fino a 150 metri, il cui impatto disastroso non andò pero oltre l’isola di Creta, distante poco più di un centinaio di chilometri.
La violentissima eruzione del vulcano Krakatoa avvenuta il 27 agosto del 1883 nell’attuale Indonesia ridusse totalmente in cenere l’isola su cui sorgeva il vulcano.
Provocò un boato che arrivò a migliaia di chilometri di distanza fino in Australia, e uno tsunami con onde di 40 metri alla velocità di 300 km/h.
Eppure anche in quel caso le conseguenze, seppur terribili, furono locali e non globali.
Infine il 9 luglio 1958 a causa di uno spaventoso terremoto di magnitudine 8.3 si verificò un evento che potrebbe essere paragonato a quello ipotizzato da Ward e Day per il fianco occidentale della Cumbre Vieja di La Palma.
30 milioni di metri cubici di roccia franarono nel mare in prossimità della Baia di Lituya, in Alaska, producendo un’onda alta oltre 500 metri con una velocità di 200 km/h.
Un mega-tsunami da film in piena regola. Ma, di nuovo, le conseguenze non andarono oltre le coste dell’Alaska.
Dalle campagne della medianía del sud-est di Tenerife (casualmente vicino al punto “trsunami-free” del film) è tutto. Passo e chiudo.
Gianni Mainella
Articolo tratto dalla pagina Facebook di Gianni Mainella