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mercoledì, Febbraio 19, 2025
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Sei leggende metropolitane di Tenerife

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Vi presentiamo alcune delle leggende metropolitane più diffuse alle Canarie, racconti ammantati di mistero che vantano convinti sostenitori e che, ciclicamente, riaffiorano.

Indice

Non tutto è mistero, non tutto è inesplicabile. Al contrario, la grande maggioranza dei fenomeni e fatti presentati come potenzialmente enigmatici hanno una spiegazione soddisfacente, che può essere razionale e definitiva quando sono analizzati nel dettaglio con rigore, oppure provvisoria, benché argomentata in forma risolutiva. Tuttavia resta sempre una seducente percentuale di casi limite, che resistono con le unghie e con i denti e sfidano gli sforzi per comprenderne le dinamiche e inquadrarli nel nostro modo di spiegare la realtà. Gli eventi che presentiamo in questo articolo non appartengono a nessuna delle due categorie citate, non sono cioè né docili misteri spiegati, né enigmi sovversivi e imperturbabili, ma possono aiutaci a comprendere gli uni e gli altri. Il campione non è esaustivo, però questi sono rappresentativi di voci e storie che danno il polso, a Tenerife, di quelle che nella società di oggi abbiamo convenuto chiamare ‘leggende metropolitane’.

IL SANATORIO DISINCANTATO

Cosa ne dite di una di fantasmi? Probabilmente per più di un lettore tutte le storie di case e luoghi incantati sono, senza eccezioni, leggende metropolitane senza alcuna base reale. Personalmente, in base all’esperienza accumulata nel corso di 30 anni inseguendo e documentando fatti simili alle Canarie, penso che non sempre sia così e che esistano misteri genuini e fatti inspiegabili.

Tuttavia in questo caso dobbiamo dare ragione agli scettici. Ci troviamo tra le rovine del sanatorio di Abona, un complesso incompiuto progettato per i lebbrosi ubicato in Los Abades e che oggi segna in maniera determinante il paesaggio con il suo aspetto di città fantasma. Lo scenario non potrebbe essere più evocativo, addirittura da set cinematografico. Diversi edifici e una chiesa coronata da una croce gigantesca. Non è mai stato terminato, non ha mai ospitato un malato; nessuno vi ha mai languito moribondo, preda di indescrivibili sofferenze. Alcune zone furono utilizzate per accogliere gli accampamenti stagionale della Falange e altre, in tempi più recenti, come campo da tiro militare. Fine del discorso. Il resto è immaginazione, fantasia e incursione morbosa in un territorio che alimenta la suggestione.

Nonostante ciò il luogo ha via via guadagnato la fama di incantato, sono state realizzate sedute spiritiche per comunicare con gli spiriti prigionieri e persino cerimonie per ripulirlo e liberarlo da simili confuse presenze.

LA RAGAZZA DELLA CURVA

Questa è senza dubbio una delle leggende metropolitane più diffuse in tutto il mondo, e ovviamente le Canarie non sono da meno. Sembra trattarsi della versione moderna degli antichi racconti medievali sulla Dama Bianca che appariva su ponti e crocicchi delle strade. L’abbiamo riscontrata in tutte le isole, con un’incidenza particolare a Tenerife.

Fondamentalmente consiste in un automobilista che, di notte, dà un passaggio ad una giovane autostoppista, con la quale conversa un po’. Giunti ad un tratto ben preciso di una determinata strada, senza abitazioni, con poca o nulla illuminazione e curve pericolose, la ragazza avverte il conducente di non distogliere gli occhi dalla strada, di rallentare e di fare molta attenzione, perché è proprio su quella curva che ella morì. Le sconcertanti parole della giovane inducono il conducente a girare la testa verso di lei per scoprire che, inspiegabilmente, in un batter d’occhio e con l’auto in corsa, è scomparsa.

Esistono versioni più drammatiche e d’effetto, in cui lo spettro ha un aspetto scheletrico, si mostra seduttivo o il fatto si svolge in una zona in cui c’è una croce commemorativa di qualche incidente. Per fare solo tre esempi, a Tenerife lo hanno ambientato spesso sulla strada che da Tegueste scende a El Portezuelo, nelle vie che portano ad Anaga, e a Icod del Alto, a Los Realejos.

Segue lo schema della classica leggenda metropolitana, cioè lo racconta l’amico di un amico al quale è successo, senza che sia possibile arrivare a conoscere il testimone. Abbiamo riscontrato solo una sconcertante eccezione: anni fa abbiamo conosciuto un tassista di Puerto de la Cruz che con luce e tachigrafo assicurò di aver vissuto quella esperienza a Icod del Alto.

AEREI CHE AVVELENANO I CONIGLI

La storia degli aerei neri senza elementi identificativi che volano tra le nubi irrorandole di sostanze che le dissolvono per provocare siccità e perdite agricole divenne assai popolare qualche decina di anni fa nelle zone di Almería e Murcia, per poi risuscitare di quando in quando ottenendo una notevole copertura mediatica.

La questione ha ottenuto addirittura l’attenzione delle autorità in seguito a denunce alla Guardia Civil da parte di associazioni e singoli cittadini. Gli aerei scioglinuvole non sono penetrati a fondo alle Canarie, nonostante che proprio le nostre isole siano state uno dei luoghi in cui, negli anni Ottanta, si sia sperimentata l’inseminazione delle nubi con ioduro d’argento come metodo per evitare la formazione di grandine e facilitare le precipitazioni.

Tuttavia intorno al 2000 scovai una variante che ha a che vedere con le riserve di caccia. Correva voce fra gli appassionati di questa pratica che il Gobierno de Canarias si stava attivando con impegno per sradicare e sbarazzarsi dell’associazione dei cacciatori di conigli, e a questo scopo per mezzo di aerei da turismo faceva irrorare le riserve di caccia con veleno che deplorevolmente finiva per uccidere molti altri animali, soprattutto uccelli – procellarie – e alcuni mufloni, che si trovavano morti ovunque.

La storia circolò con grande enfasi ed era spesso argomento di conversazione, benché logicamente nulla del genere sia mai stato confermato; probabilmente era nata come reazione alle norme di controllo della pratica venatoria, che talvolta erano interpretate come eccessivamente restrittive.

IL SORRISO DEL PAGLIACCIO

Affrontiamo ora un esempio molto potente in auge da alcuni lustri, tanto virale che durante il Carnevale del 2003 fu necessario emettere un comunicato ufficiale che smentiva una simile atrocità. La storia è semplice e si ripropone ogni anno. Nei giorni di Carnevale comincia a diffondersi la notizia di una pratica aberrante messa in atto da bande di giovani delinquenti, che consiste nell’intimidire un individuo o una coppia costringendo a scegliere fra “botta o sorriso” minacciandoli con rasoi, mazze da baseball o tirapugni.

L’opzione logica è una sola, “sorriso”, per cui senza complimenti e con estrema violenza procedono ad praticare al soggetto due profondi tagli agli angoli delle labbra, propinandogli poi una bastonata o qualche taglio superficiale che aggrava la lacerazione delle labbra nel reagire al dolore.

A Madrid, negli stessi giorni, gli attacchi venivano attribuiti a gruppi neonazisti e la scelta era tra essere violentata o farsi rompere i denti contro il cordolo del marciapiede. La dinamica dei racconti è la stessa: lo dice qualcuno a cui lo ha detto qualcuno che conosce la persona a cui è successo, vittima che in seguito fu soccorsa e ricoverata in un ospedale in cui ha subito un intervento di chirurgia plastica per ricostruire la bocca.

La verità è che mai si sono verificati simili attacchi alle Canarie, ma il successo virale si deve allo scenario verosimile in cui si svolge, quello del Carnevale come spazio idoneo a qualunque tipo di eccesso.

LA BAMBINA DELLE PERE (CHE NON È MAI ESISTITA)

Oggi come oggi è la leggenda metropolitana di maggior successo fra gli appassionati di mistero alle Canarie. È ambientata nel barranco [canalone?] di Badajoz a Güimar, epicentro di fatti interessanti quanto inspiegabili, ma anche focolaio suggestivo di racconti insostenibili.

La storia della Bambina delle Pere attinge ad un’antica leggenda locale e si fonde con elementi del folklore magico celtico. Una piccola esce a raccogliere pere nel barranco e incontra un’amabile dolce signora vestita di bianco, che la invita ad entrare in una caverna. Qui la bambina mangia, riposa e si lascia incantare dall’affascinante e idillico ambiente da racconto di fate. Trascorsa qualche ora torna alla sua casa, ma tutto sembra essere cambiato.

L’ambiente è sempre familiare però ci sono più case, più rumore, edifici e automobili… Sconcertata entra in casa sua e trova una triste e anziana signora seduta in cucina: è sua madre e sono passati quarant’anni!. Il borgo güimarero di San Juan avrebbe instaurato un patto del silenzio per nascondere la storia e proteggere la piccola dai curiosi.

La leggenda è talmente potente ed evocativa, e il desiderio di credervi di alcuni tanto smisurato, che davanti alla mia confutazione dell’episodio una donna mi accusò, alcuni anni fa, di voler occultare la verità; sosteneva che io sapessi chi era e dove viveva quella bambina.

La verità è che non esiste una sola prova che sia accaduto qualcosa di simile. È assolutamente falso, una storia costruita con alcuni ingredienti locali e altri presi dalla tradizione elfica relativa a fate e gnomi.

Ad esempio, il cibo delle fate provocherebbe incantamento e una distorsione nella percezione dello spazio e del tempo. Qui abbiamo il cibo – le pere -, abbiamo le fate – la dama in bianco – e abbiamo due elementi molto affini, la caverna e la bambina. La storia cominciò a diffondersi negli anni Ottanta del secolo scorso e da subito, accanto ad altre influenze ispiratrici, mi parve simile in maniera sospetta al racconto del contadino nordamericano Rip van Winkle, personaggio di fantasia creato da Washington Irving che si addormenta per qualche momento nel bosco mentre nel mondo trascorrono vent’anni.

Come mai la leggenda della bambina perduta ha avuto tanto successo? Difficile dirlo. Il barranco di Badajoz è molto suggestivo e in un luogo lì vicino si racconta di seconda mano la storia di una Dama Bianca che vi getta un incantesimo. Secondo i nostri vecchi ci sono posti incantati in cui si può restare prigioniero per un anno…

ORO E ARGENTO A LA LAGUNA

È talmente tanto tempo che nessuno ci pensa e che nessuno li cerca, che la credenza relativa all’esistenza di filoni di ferro, oro e argento nella montagna di San Roque vicino a La Laguna ha finito per cadere nel dimenticatoio.

Solo il lavoro di rigorosi e instancabili ricercatori come Lorenzo Santana Rodríguez preserva la memoria di un tempo passato, principalmente durante il sec. XVI, in cui decine di persone, comprese comunità religiose, prendevano possesso o stendevano un atto di proprietà davanti al notaio per appezzamenti di questa montagna ai fini del suo sfruttamento. Gaspar Fructuoso, Torriani, Viera y Clavijo, Béthencourt Massieu o Anchieta y Alarcón sono autori che con diverso grado di precisione hanno fatto eco all’esistenza di miniere di questi metalli in diversi punti delle Canarie.

Ciononostante La Laguna, e in special modo la montagna citata, conservano il record di questi conati di “febbre dell’oro”, come li definisce Santana Rodríguez, con casi pittoreschi come quello registrato con atto notarile il 24 marzo 1591, davanti alle autorità dell’isola, da Bernardino de Madrigal, scrivano pubblico.

In quel giorno si registrarono niente meno che dieci miniere doro e d’argento, tutte confinanti, che partivano dalla scoperta effettuata niente meno che dal frate agostiniano Esteban Anselmo.

di Laura Carlino

Foto: Alessandro Ugolini

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